Essere partecipe di “miracoli” insperati. Sperimentare una vita di comunità così intensa, che capisci che individualismo ed egoismo, tipici dell’occidente, qui non trovano casa.
Farsi contagiare da un’allegria e un buon umore diffusi, al punto che ti viene da chiederti come fanno ad avere tanto da ridere, viste le condizioni in cui vivono.
Ma anche smuovere mezzo mondo per salvare una bambina quasi senza speranze, salvo poi dover rinunciare – col cuore spezzato – perché i saggi del villaggio pongono il veto.
Situazioni di salute talmente compromesse da non capire neanche come siano arrivati in ospedale ancora vivi.
Lo strazio di vedere figli malati abbandonati a se stessi, perché non possono essere produttivi e non ci sono abbastanza risorse per prendersi cura di loro.
Ci sono due modi per leggere questo libro.
Puoi farlo con animo critico e giudicante, indignandoti di fronte a certe “assurdità”, incomprensibili per noi occidentali “evoluti”.
Oppure puoi aprirti ad una cultura nuova, così diversa dalla tua, a tratti difficile da comprendere ma che, proprio per questo, ti offre la possibilità di allargare i tuoi orizzonti, arricchire il tuo cuore, capire che possono esistere differenti scale di priorità.
Ti consiglio vivamente il secondo.
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